Che Renzi abbia vinto le primarie e sia diventato segretario del Pd e che poi abbia chiesto e ottenuto la nomina di Presidente del Consiglio, in questo non si trova niente di anticostituzionale, anche se per settimane si è dovuto subire il racconto che nessuno lo ha votato, come se gli altri Presidenti del consiglio lo fossero stati. Letta e Monti compresi, Prodi e Berlusconi compresi. Quanto all'opportunità che così dovesse essere, si scende nel campo della politica e delle convinzioni, per cui ciascuno ha le sue e ognuna vale l'altra.
Quando però si sostituiscono dei parlamentari di un gruppo, rappresentanti in commissione per quel gruppo, perché non votano secondo le aspettative del segretario, qui sì che si pone un problema di natura istituzionale e parlamentare.
In teoria le posizioni assembleari si compongono in assemblea, quale che sia la natura della stessa. Non sfugge che, sempre più, Camera e Senato sono svuotati da questa funzione. A fare da apri pista per un lavoro più parlamentare, di dibattito e dialogo tra le diverse posizioni, c'è la commissione. Ma se a questa piccola assemblea si toglie la possibilità di istruire un dibattito tra le diverse idee a confronto, allora sì che ci troviamo di fronte all'azzeramento della utilità di una democrazia rappresentativa assembleare.
Sotto lo zero istituzionale, invece, ci troviamo con la decisione di Renzi, che fa sostituire i due parlamentari del PD, Chiti e Mineo, per il solo fatto che non sono d'accordo con lui sulle riforme istituzionali frutto dell'accordo con Berlusconi.
Se i parlamentari sono eletti senza vincolo di mandato - né nei confronti dei cittadini, tanto meno nei confronti dei partiti, e assolutamente per nulla nei confronti del segretario o del Governo - come vuole la Costituzione, perché Renzi vuole che questi siano vincolati ad essere d'accordo con lui su una qualsiasi riforma?
La risposta starebbe nell'art.31 comma 2 del regolamento del Senato.
2. Ciascun Gruppo può, per un determinato disegno di legge o per una singola seduta, sostituire i propri rappresentanti in una Commissione, previa comunicazione scritta al Presidente della Commissione stessa.
Tuttavia rimane la questione politica. Cambiare perché non si è d'accordo con il gruppo, con il segretario o con il Governo, rimanda solamente al quando questa questione sarà posta, non al se, ovvero in Assemblea dove Mineo, Chiti e altri non potranno essere sostituiti.
Allora a che serve sostituirli prima? Solo ad aumentare il contrasto dopo. Mossa sbagliata. Sotto lo zero istituzionale (e di capacità di governare il dissenso).
In conclusione un'ultima osservazione: già i parlamentari non vengono eletti ma nominati, quindi hanno di fatto una autonomia davvero limitata, se poi quando tentano di avere una convinzione autonoma vengono sostituiti, allora si fa prima a chiudere il Parlamento.
Quando però si sostituiscono dei parlamentari di un gruppo, rappresentanti in commissione per quel gruppo, perché non votano secondo le aspettative del segretario, qui sì che si pone un problema di natura istituzionale e parlamentare.
In teoria le posizioni assembleari si compongono in assemblea, quale che sia la natura della stessa. Non sfugge che, sempre più, Camera e Senato sono svuotati da questa funzione. A fare da apri pista per un lavoro più parlamentare, di dibattito e dialogo tra le diverse posizioni, c'è la commissione. Ma se a questa piccola assemblea si toglie la possibilità di istruire un dibattito tra le diverse idee a confronto, allora sì che ci troviamo di fronte all'azzeramento della utilità di una democrazia rappresentativa assembleare.
Sotto lo zero istituzionale, invece, ci troviamo con la decisione di Renzi, che fa sostituire i due parlamentari del PD, Chiti e Mineo, per il solo fatto che non sono d'accordo con lui sulle riforme istituzionali frutto dell'accordo con Berlusconi.
Se i parlamentari sono eletti senza vincolo di mandato - né nei confronti dei cittadini, tanto meno nei confronti dei partiti, e assolutamente per nulla nei confronti del segretario o del Governo - come vuole la Costituzione, perché Renzi vuole che questi siano vincolati ad essere d'accordo con lui su una qualsiasi riforma?
La risposta starebbe nell'art.31 comma 2 del regolamento del Senato.
2. Ciascun Gruppo può, per un determinato disegno di legge o per una singola seduta, sostituire i propri rappresentanti in una Commissione, previa comunicazione scritta al Presidente della Commissione stessa.
Tuttavia rimane la questione politica. Cambiare perché non si è d'accordo con il gruppo, con il segretario o con il Governo, rimanda solamente al quando questa questione sarà posta, non al se, ovvero in Assemblea dove Mineo, Chiti e altri non potranno essere sostituiti.
Allora a che serve sostituirli prima? Solo ad aumentare il contrasto dopo. Mossa sbagliata. Sotto lo zero istituzionale (e di capacità di governare il dissenso).
In conclusione un'ultima osservazione: già i parlamentari non vengono eletti ma nominati, quindi hanno di fatto una autonomia davvero limitata, se poi quando tentano di avere una convinzione autonoma vengono sostituiti, allora si fa prima a chiudere il Parlamento.
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