La statua che campeggia nei pressi della Stazione Termini, inaugurata in queste ore, che dovrebbe raffigurare e scolpire l’immagine di Giovanni Paolo II, al di là dei giudizi puramente artistici, sembra un nuovo tentativo clericale, e dunque di potere, di occupare “vaticanamente” Roma e la sua principale stazione. Ma a fare dell’opera un segno ulteriore di celebrazione del “potere” di questa città c’è la firma del committente: la Fondazione Silvana Paolini. Scrivi Fondazione Silvana Paolini, leggi Angelucci.
Ci sarebbe da dire: timeo danaos et dona ferentes.
Vi ricordate Report di qualche mese fa? Ecco, la Fondazione Silvana Paolini c’entra nella storia del polo oncologico Ifo di Roma: la struttura fu acquisita nel 1999 da Don Luigi Verzè con l’obiettivo di farla divenire la sede romana del San Raffaele, fino a quando il sacerdote manager, non ottenendo l’accreditamento dei posti letto dalla Regione Lazio, decise di vendere la struttura alla famiglia Angelucci, al prezzo di 270 miliardi di lire. Secondo la ricostruzione fatta da Report, lo stesso immobile venne venduto dalla famiglia Angelucci a brevissima distanza di tempo allo Stato ed alla Regione Lazio al prezzo di 320 miliardi di lire, con un utile di ben 50 miliardi di lire realizzato in pochissimi mesi. Nel contratto di vendita risulterebbe una clausola assai singolare che avrebbe ad oggetto una palazzina limitrofa al complesso principale , ubicata in Via Fermo Ognibene, all’epoca sede della Fondazione umanitaria Silvana Paolini, intitolata alla moglie scomparsa del sig. Antonio Angelucci. In base a tale clausola lo Stato e la Regione Lazio, pur avendo acquistato anche tale porzione immobiliare, l'avrebbero immediatamente concessa in locazione alla famiglia Angelucci, il che parrebbe confermato dall'esistenza di un contratto di locazione sottoscritto dal sig. Giampaolo Angelucci, figlio del sig. Antonio. Il canone di locazione consisterebbe nella irrisoria somma di un euro all’anno per 99 anni. Tutto questo è oggetto di una interrogazione radicale alla Regione Lazio che non ha ricevuto ancora risposta.
Aveva ragione Pannella quando disse su Wojtyla «Dio ce l'ha dato, guai a chi me lo tocca». L’hanno toccato e ora ne usano l'immagine per la promozione dei loro affari.
Dichiarazione dei consiglieri regionali Giuseppe Rossodivita e Rocco Berardo della Lista Bonino Pannella, Federalisti europei
Sul regalo della statua di Wojtyla ci sarebbe da dire: "timeo Danaos et dona ferentes"
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