ARSENICO, RADICALI: NON SI ARRESTA L’EMERGENZA. REGIONE E GOVERNO FACCIANO CHIAREZZA.
L’emergenza Arsenico continua a preoccupare il territorio della Regione Lazio. Le persone coinvolte a vario titolo nell'emergenza Arsenico sarebbero, secondo notizie stampa, circa 220mila; I comuni ai quali è stato vietato l’uso dell’acqua a scopi alimentari sono in totale 9: Capranica (42 milligrammi/litro), Carbognano (30), Castel Sant'Elia, Civita Castellana (21 mg in un acquedotto, 9 nell'altro), Farnese (26), Ronciglione (28 e 32 mg), Sutri (20 e 40 mg), Vetralla (21 e 48 mg) Villa San Giovanni in Tuscia (22). Nel viterbese circa 61 mila persone, un quinto della popolazione della provincia di Viterbo, sono da giorni senza l’uso di acqua potabile. E’ stata infatti riscontrata una notevole concentrazione di Arsenico nell’acqua, con punte vicine o superiori ai 50 milligrammi. Così come in altri comuni della Tuscia, con una popolazione di 160 mila persone è stata rilevata una concentrazione di Arsenico tra gli 11 e i 20 milligrammi/litro. Si tratta di situazioni per le quali, al momento, non c’è il divieto dell’uso dell’acqua per alimenti (tranne per i bambini al di sotto dei 3 anni e le donne incinte). A Latina, addirittura è possibile leggere, lungo le vie della cittadina, avvisi pubblici che attribuiscono al territorio della provincia la possibilità di poter utilizzare acque contenenti Arsenico con una concentrazione massima fino a 20 microgrammi per litro su deroga della Commissione Europea. E infatti, la Direttiva europea 98/83/CE, dal dicembre 2003, recepita con Decreto legislativo n. 31 del 2 febbraio 2001, modificato e integrato con successivo D.Lgs. 27/02, ha abbassato il limite previsto per l’Arsenico nelle acque potabili da 50 a 10 μg/l (microgrammi/litro), proprio in considerazione della sua cancerogenicità e dell’evidente rischio per la salute umana; la Regione Lazio fin dal 2003 ha continuamente fatto ricorso all’istituto della deroga, che ha innalzato il limite previsto dal D. Lgs. 31/2001 da 10 a 50 microgrammi/litro per l’Arsenico e di fatto ha reso potabili per deroga acque che in realtà non lo sono; i periodi di deroga avrebbero dovuto però avere la durata più breve possibile, e comunque non superiore ad un periodo di tre anni nei quali si sarebbero dovuti presentare ed attuare piani di rientro mediante idonee tecnologie di trattamento delle acque captate e/o attraverso l’individuazione di nuove risorse idriche sostitutive, in modo da assicurare acque salubri e pulite agli abitanti della regione Lazio. La situazione sempre più grave era stata già portata all’attenzione del Governo con l’interrogazione 4-09703 anche a fronte del diniego da parte della Commissione dell’Unione Europea a derogare i 10 milligrammi/litro. Inoltre, con un’ulteriore interrogazione parlamentare presentata al Governo dalla deputata radicale Elisabetta Zamparutti, come anche alla Giunta della Regione Lazio dai Consiglieri Giuseppe Rossodivita e Rocco Berardo con un’interrogazione e una mozione, si cerca chiarezza e soprattutto si pretende rispetto per i limiti stabiliti dalla commissione Europea. Inoltre, si chiede se esiste un piano per garantire l’acqua potabile alla popolazione, se siano già state predisposte misure per affrontare l’impatto negativo della presenza di arsenico nell’acqua per l’industria alimentare e più in generale a tutela della salute dei cittadini ed infine quali iniziative si intendono adottare nei confronti dei Sindaci che diffondono informazioni non corrispondenti alla normativa vigente e adottando ordinanze illegittime.
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