Campi di concentramento a Roma: Ponte Galeria.

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Lunedì scorso ho visitato, insieme ad altri compagni Radicali, il Cie di Ponte Galeria. Marco Pannella l'ha definito ''un luogo che è prodotto manifesto del caos legislativo e amministrativo italiano. La realtà italiana - ha aggiunto Pannella - è ridotta a un tale caos e catastrofe che una cosa caotica è una delle 'meno peggiori' delle realtà del nostro Paese, compresi gli alti luoghi del cosiddetto Stato italiano''. Per quanto mi riguarda è stata l'ennesima visita al Cie di Ponte Galeria che lascia senza parole buone. Un'esperienza che ti fa pensare che i campi di concentramento ce li abbiamo ancora. Le persone che stanno qui ci stanno non perché abbiano rubato o abbiano commesso un qualsiasi reato, ma perché in ultima analisi non dispongono di un documento che ne stabilisca un'identità certa. Questo e' il motivo per cui vengono di fatto recluse in una situazione senza tempo. Perché a differenza del carcere dove sai di dover stare per uno o due anni, e in ragione di un fatto commesso e giudicato dallo Stato meritevole di pena detentiva (e rieducativa, ma vabbè) qui non c'è un tempo certo: puoi stare fino a sei mesi. E quando si concludono ti mandano via perché non hanno trovato il tuo paese di appartenenza dove rispedirti: lo Stato italiano deve, in collegamento con gli altri consolati, riuscire a ricostruire l'identita' certa di una persona, ma se non la trova l'immigrato rientra nel suolo italiano e dopo cinque giorni - se non riparte e viene ribeccato - paradossalmente può rientrare dentro il Cie. Era il caso di un ragazzo georgiano che ricordavo benissimo di aver conosciuto nell'ultima visita che risale a più di un anno fa. Ancora non hanno trovato l'identità? Lui ha chiesto asilo politico. Ma sta là. Puoi vivere in Italia da 10 o 15 anni, puoi parlare benissimo l'italiano e non aver mai commesso un reato. Ma lì stai. Ma chi lo sa?  

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