Intervento tenuto oggi al Consiglio regionale sulla sanità.

Posted On // Leave a Comment
INTERVENTO TENUTO IL 27 LUGLIO 2010 IN OCCASIONE DEL CONSIGLIO STRAORDINARIO SULLA SANITA’(con il fondamentale apporto di Massimiliano Iervolino e altre note di Marcello Crivellini)

Onorevoli colleghi,
attualmente la spesa sanitaria nazionale risulta palesemente subordinata alle necessità delle strutture assistenziali, anziché essere commisurata alle esigenze reali dei cittadini. Per uscire dall’emergenza sanità non bisogna seguire solo una logica quantitativa, ovvero maggiore contenimento e più tagli, ma modificare profondamente la qualità della spesa. Occorre perciò riportare i bisogni dei cittadini al centro delle scelte e della programmazione sanitaria e operare affinché le strutture soddisfino i bisogni, e non viceversa. Per raggiungere questo obiettivo era nostra intenzione avviare, subito dopo le elezioni, una grande “operazione verità”, cominciando dall’elaborazione dei dati dell’Asp:
l'iniziativa sarebbe stata utile per conoscere la reale domanda di salute dei cittadini nel Lazio che, incrociata con l’offerta sanitaria regionale, ci avrebbe permesso di intervenire per annullare le disfunzioni del sistema. La nostra voleva essere una strategia alternativa rispetto a quella dei tagli lineari, con l'intenzione di partire dalle istanze dei malati per comprendere quanto, dove e come organizzare e riformare le strutture sanitarie del Lazio. Iniziando dall’“operazione verità”, con i dati alla mano, si sarebbe aperta una discussione vera insieme ai medici, agli addetti ai lavori, alle organizzazioni sindacali e alle associazioni di difesa dei cittadini, convocando per la prima volta nella nostra Regione gli Stati generali della Sanità, troppo spesso evocata anche dalla precedente amministrazione ma mai realizzata.
La partecipazione di tutti poteva essere il valore aggiunto: i cittadini avevano ed hanno il diritto di conoscere in maniera approfondita la situazione dei conti e le riforme che avremmo voluto proporre. Purtroppo il suo atteggiamento, Presidente Polverini, va nella direzione opposta a quella che avremmo tenuto noi della lista Bonino Pannella, sia nel metodo che nel merito.
Analizzando la situazione dei posti letto ospedalieri oggi, se si sommano quelli delle strutture pubbliche, delle case di cura private e dei cinque policlinici che operano nella città di Roma, saltano agli occhi due importanti squilibri:

il primo fra l’offerta ospedaliera e quella di altri servizi sanitari (day hospital, servizi ambulatoriali, residenze sanitarie assistite, assistenza domiciliare, hospices, posti di primo intervento)
il secondo tra l’offerta ospedaliera della città di Roma e quella del resto della Regione (non tanto in termini di numero di ospedali quanto in termini di efficacia e adeguatezza dell’offerta ospedaliera)

Il primo squilibrio comporta che si scarichino sugli ospedali esigenze che dovrebbero essere assicurate da altre strutture a costi assai meno elevati (come dimostrano la lunghezza media delle degenze ospedaliere e l’ingolfamento dei pronto soccorsi ospedalieri); il secondo che si rivolga all’offerta ospedaliera romana una parte della domanda che potrebbe invece trovare risposta sul territorio regionale.

Per risolvere questi problemi è importante agire secondo queste linee:
1) Intervenire sulla programmazione della spesa ospedaliera, in modo da commisurare l’offerta delle prestazioni agli effettivi bisogni della popolazione. Questo deve avvenire senza discriminazione di principio fra strutture pubbliche e private, le quali devono concorrere con prestazioni e standard corrispondenti a quelli programmati e richiesti dalla Regione. Se è vero per il pubblico che non si giustificano ormai i piccoli ospedali, questo non può non valere anche per la miriade di piccole cliniche private, e il sistema degli accreditamenti non può essere inteso come una mera mutazione nominalistica rispetto al precedente sistema delle convenzioni

2) Gli ospedali sono organismi autosufficienti, contrapposti al “territorio”. Servono invece reti a livello locale e regionale capaci di collegare tra loro, all’interno di un percorso di cura, il medico di famiglia, il distretto sul territorio, il medico specialista ospedaliero, il centro di alta specializzazione o il centro di riferimento regionale. Costruire le reti dei servizi a partire dai bisogni di salute del cittadino è la priorità.

3) Generalizzare in tempi certi all’intera sanità regionale i criteri di programmazione-monitoraggio-valutazione, introdurre, come condizione per la loro validità e operatività, i criteri di trasparenza (anagrafe degli eletti e dei nominati), pubblicità degli atti riguardanti appalti, gare, concorsi.

4) Rendere rigoroso ed efficace il sistema dei controlli. Questo è un impegno che va realizzato subito in attesa che entri finalmente in funzione la completa informatizzazione del sistema sanitario del Lazio.


5) Riconsiderare e rinegoziare la partecipazione dei Policlinici universitari al sistema sanitario regionale. Le esigenze didattiche e di ricerca delle Università non possono essere scaricate, a piè di lista, sulla Regione che non ha alcuna competenza sul numero e sulla scelta del personale universitario.

6) Riconsiderare i meccanismi della spesa farmaceutica, assicurando in tempi rapidi il passaggio alla conservazione informatica della documentazione, delle ricette e delle prescrizioni.

Questo è quello che secondo noi andrebbe fatto. Invece lei, Presidente Polverini, in qualità di commissario ad acta per la sanità, ha scelto un’altra strada. La manovra proposta nei decreti commissariali del 31 maggio è fragile.

Le principali incongruenze sono le seguenti:

1) La logica del taglio lineare (del 4 % rispetto al budget 2009 per acuti e lungodegenti e del 10 % per la riabilitazione). Il meccanismo da Lei usato per il calcolo dei posti da disattivare o trasformate in Day Hospital approda in una logica dissipatoria che non viene così ribaltata. Il taglio di pochi posti in vari ospedali , senza peraltro nessuna esplicitazione delle discipline di riferimento, porta ad una mera revisione della “contabilità” dei posti letto, ma non costituisce né indica alcuna forma di vera riorganizzazione. Di fatto i posti letto residui tagliati sono solo 600, a fronte delle manovre degli anni precedenti che ne avevano già eliminati 2500. In mancanza di interventi di variazione organizzativa nell’offerta, anche il taglio di 2500 posti letto non aveva portato ad una rivoluzione del contenimento della spesa, proprio perché essa non si correla in maniera diretta con il semplice taglio “contabile” dei posti se non si dispone coattivamente l’adozione di modalità organizzative innovative e di razionalizzazione dell’uso dei fattori di produzione all’interno degli ospedali.
Per i privati, poi, la mera definizione algebrica di posti letto da chiudere non costituisce nemmeno un'idonea premessa dell’itinerario formale di de-accredditamento, e questo aprirà un contenzioso che ha già visto soccombente la Regione su un atto analogo adottato nell’anno 2007(DGR 101).
---------------- Una nota a parte merita il Policlinico Gemelli che non ha alcun motivo di lamentarsi perché è stato trattato molto meglio di tutti gli altri; Il Policlinico Gemelli chiedeva per il 2010 un livello di finanziamento di 600 milioni, ma non si capisce in base a cosa avanzasse tale richiesta; infatti in base ai dati 2009 della ASP (Agenzia Sanità Pubblica della Regione Lazio) nel 2009 aveva erogato prestazioni per un valore inferiore a quello concordato finanziabile per lo stesso anno; inoltre i valori effettivamente erogati nel 2009 sono quelli lordi, cioè non ancora controllati dalla Regione e diminuiti della parte “sbagliata” o inappropriata (che non vengono riconosciuti a nessuno). La Presidente Polverini dunque ha usato un trattamento di favore alla sola struttura appartenente ad uno Stato estero (il Vaticano) e ha adottato “lacrime e sangue” per il resto della sanità e dei cittadini laziali…
2) Molto forte è il deficit di residenze sanitarie assistenziali (RSA) che dovrebbero sopperire alla minore offerta ospedaliera. A fronte di un fabbisogno di 13.072 posti ne risultano accreditati solo 5.148 e, anche considerando quelli che sulla carta sono stati predisposti per il 2010 - che sono 2.097- ne mancano all’appello ben 5.837. Peraltro una riduzione della rete d’offerta ospedaliera è concretamente sostenibile solo dopo o almeno contemporaneamente alla riorganizzazione territoriale.
Non si fa poi nessun riferimento ai costi strutturali delle riconversioni, che andrebbero certamente dichiarati ed affrontati e la cui sostenibilità potrebbe essere garantita da azioni di valorizzazione e dismissioni mirate del patrimonio immobiliare.

3) Una proposta di budget, per le strutture accreditate, che non contempla alcun finanziamento delle funzioni, eludendo una parte dei costi che rischiano in questo modo di ripresentarsi a consuntivo con maggiorazioni magari non giustificate ma, a consuntivo, difficilmente contestabili. I posti letto per post-acuti (comprendenti quelli relativi alla attività di riabilitazione intensiva e di lungodegenza) sono, nella realtà laziale, gestiti per più dell’85% da strutture private; dunque le azioni di chiusura dei posti devono essere giuridicamente e tecnicamente solide e motivate, in quanto devono evitare un procedimento specifico di dis-accreditamento. Il meccanismo con cui nel decreto si distribuiscono i tagli tra le strutture è basato sull’assunzione dell’esistenza di una quota di attività inappropriata, in analogia a quanto effettuato per gli acuti. L’aspetto critico di tale operazione è però che, mentre per gli acuti esistono delle definizioni di inappropriatezza ex-lege (DPCM LEA, accordo CSR dicembre 2009) tale chiarezza di definizione non è riscontrabile per la piena individuazione della inappropriatezza delle attività in post-acuzie.
4) La proposta delle 4 macroaree, se prefigura l’accorpamento delle aziende sanitarie può creare più problemi di quanti si propone di risolvere. Il sistema sanitario regionale è molto destrutturato e una riperimetrazione spinta potrebbe costare anni di tempo impegnati a raccordare i flussi informativi. La modalità di costruzione delle nuove quattro Macroaree rispetta una logica più “radiale” che effettivamente territoriale, in quanto ogni Macroarea ha comunque al suo interno una

componente della città di Roma. Tale meccanismo, lontano dal proporre almeno gli elementi di una ridistribuzione in prospettiva della rete d’offerta, ha l’esclusivo significato di mantenere l’assoluto e debordante primato d’offerta della città di Roma (dove non addirittura del centro della città stessa), attraverso un puro artificio grafico, senza inserire alcun elemento di effettiva ridistribuzione delle attività verso i territori provinciali.


Il disavanzo tendenziale su cui viene calcolata la manovra, rimasto a 1.261 milioni anche nel decreto 49, è assolutamente irrealistico per due motivi. Primo: non tiene conto della differenza tra il disavanzo atteso del 2009 e quello effettivamente registrato (che ammonta a 168 milioni). Secondo: un profilo tendenziale che sconta una flessione di 130 milioni tra un anno e l’altro (pari quasi al 10 %) associa effetti di trascinamento molto forti agli interventi attivati fino ad ora, che

potrebbero essere ridimensionati dalla dinamica crescente dei costi di produzione e dai nuovi oneri per la sanità recati dalla manovra di finanza pubblica nazionale appena varata (che comprime le risorse per il sistema sanitario e avrà ovviamente riflessi anche nel Lazio). Sarebbe quindi molto più realistico mantenere il disavanzo tendenziale del 2010 uguale a quello del 2009 (che è già una ipotesi forte) ed ipotizzare una manovra sull’anno in corso di 226 milioni, che non è poca cosa e con la quale si potrebbe coprire anche il buco residuo del 2009. Nel 2009 il disavanzo non potrà essere coperto senza risorse ulteriori a quelle originariamente previste (fiscalità aggiuntiva e fondino). Per due ragioni: a causa della crisi il gettito derivante dalla fiscalità aggiuntiva è stato inferiore alle stime originarie (830 milioni anziché 1.024 milioni, con una flessione di 194 milioni), e lo squilibrio tra costi e ricavi è risultato superiore (per 227 milioni). La somma di questo residuo da coprire ammonta complessivamente a 421 milioni, che si pensava di reperire attraverso l’impiego dei fondi FAS. L’impossibilità di utilizzare questi fondi crea le condizioni per un ulteriore incremento automatico delle addizionali regionali per l’anno in corso (0,30 dell’IRPEF e 0,15 dell’IRAP), come previsto dal decreto 49 del 31 maggio 2010 e come era stato chiaramente annunciato nella riunione del tavolo ministeriale del 15 maggio 2010. Dalla nuova stretta fiscale arriverà copertura per 331 milioni, cui ne vanno aggiunti altri 90, individuati, sempre nel decreto 49, in una ulteriore contrazione dell’assistenza ospedaliera fornita dai privati e della spesa per personale. Quindi nuove imposte, che si aggiungono a quelle introdotte dalla giunta Marrazzo (0,50

dell’addizionale IRPEF e 1 punto dell’aliquota IRAP). Il fisco rapace continua a nutrirsi sempre della stessa preda, i cittadini e le imprese del Lazio, che vengono spinti ancora più in alto nel primo posto della graduatoria delle regioni italiane più care (i cittadini laziali pagheranno con questi ultimi incrementi una addizionale IRPEF doppia rispetto ai toscani). E’ la conseguenza del ritardo cronico con cui sono stati affrontati i nodi strutturali della sanità regionale. E nulla c’entra il colore delle maggioranze. Il tempo dei pasti gratis è ormai definitivamente tramontato, anche se il policy maker sembra non volerne prendere atto. Continua lo scarico di responsabilità tra chi ha originato lo squilibrio strutturale ed il rimpallo di scelte impopolari che chiunque al governo della regione avrebbe necessariamente dovuto assumere.
Non dimentichiamo che Lei, Presidente Polverini, durante la campagna elettorale dichiarava che non avrebbe tagliato nessun posto letto e che avrebbe diminuito, entro i primi 100 giorni di governo, le aliquote Irpef ed Irap. Purtroppo la realtà è ben diversa, ed è ormai sotto gli occhi di tutti.

0 commenti: